Incontro mondiale delle famiglie

Rocco Buttiglione (Lateranense), “Giovanni Paolo II, il Papa delle famiglie che parla di famiglie a partire dal “corpo” della famiglia”

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“Come è possibile che un uomo come san Giovanni Paolo II, che non aveva una famiglia potesse penetrare così profondamente nei dinamismi interiori dell'amore familiare e della vita familiare?”. Parte da questo interrogativo il contributo di Rocco Buttiglione, professore di filosofia e storia delle istituzioni europee alla Pontificia università lateranense di Roma, al congresso pastorale organizzato a Dublino in occasione dell’Incontro mondiale delle famiglie (21-26 agosto). Prendendo la parola nella prima giornata di lavori, dedicata al tema “La famiglia e la fede”, Buttiglione ha illustrato “Un tesoro nascosto: la teologia del corpo di san Giovanni Paolo II”. Buttiglione ricorda che tutti quanti abbiamo fatto esperienza della vita familiare e delle donne. “Siamo tutti nati in una famiglia e tutti abbiamo madri – spiega -. Nella famiglia incontriamo la donna non come un corpo che può dare piacere al nostro corpo ma come una persona che irradia gioia e pace, che si prende cura di noi e ci introduce nella vita”.

Nella famiglia maturiamo “la nostra prima idea di cosa sia una relazione (sessuale) tra un uomo e una donna, dall’osservazione del modo in cui padre e madre si guardano e agiscono uno verso l’altro”. Fondamentale nella vita di Wojtyła – secondo Buttiglione – è stato poter sperimentare l’amore tra sua madre e suo padre e di come questo amore sia stato riversato sui loro figli. Malgrado la madre di Giovanni Paolo II sia morta quando lui aveva appena 9 anni, l’amore tra i suoi genitori ha lasciato una traccia indelebile nel suo cuore. Così come indelebile, nella sua vita, è stata l’esperienza di attore del Teatro della Parola. “Un attore è un uomo che cammina nei panni di un altro essere umano e cerca di rivivere le sue azioni dall'interno – spiega Buttiglione – per diventare l’altro l’attore deve prima diventare, in un certo senso nessuno”. Anche il sacerdote, nel senso etimologico della parola, è un attore: “agisce messa "in Persona Christi" nel ruolo di Cristo; se l'attore è un nessuno, il prete è tutti, entra nella vita degli altri e comprende quelle vite dall’interno, alla luce della verità per aiutare gli altri a vedere la propria vita alla luce della verità. Può farlo perché è entrato prima di tutto nella vita di Gesù Cristo, la luce che illumina ogni cosa”. Buttiglione ricorda come Wojtyła abbia imparato molto dalle persone che ha incontrato, confessato e accompagnato come sacerdote: “Ha insegnato a loro e ha imparato da loro. Il suo libro di testo principale era la vita dei suoi amici, la vita della Chiesa vivente”.

Una vita fatta di uomini e di donne in carne e ossa, chiamati a vivere la propria sessualità con maturità. Attraverso tre fasi: la castità, l’innamoramento e l’amore coniugale. “Il motivo per cui copriamo i nostri organi sessuali – spiega Buttiglione - è che non vogliamo essere considerati e trattati come meri oggetti sessuali. Vogliamo innanzitutto essere riconosciuti come persone umane e vogliamo guidare l'occhio di un osservatore verso l'immagine globale del nostro corpo e prima di tutto verso i nostri stessi occhi, attraverso i quali l'interiorità della persona è espressa nel modo più diretto. Non vogliamo solo soddisfare l'impulso sessuale”. “La virtù della castità – prosegue - ha la funzione di ordinare le potenzialità sessuali della persona verso la loro giusta soddisfazione, laddove propriamente umana”. Il filosofo ricorda, inoltre, che “il Dio di Gesù Cristo è una persona e una persona è un essere che esiste nella relazione con le altre persone”. “Gesù vive interamente nella relazione (persona, upostasi in greco, significa relazione) con il Padre – spiega - così come il Padre vive nella relazione con il Figlio”. Se cerchiamo un’analogia nel regno delle relazioni umane, la prima idea che ci viene in mente è quella di un uomo e una donna innamorati. “Essere innamorati, tuttavia, non è ancora amare. Essere innamorati è uno stato emotivo – puntualizza Buttiglione -. Può accadere che ci innamoriamo della persona sbagliata, di qualcuno che non ci ama o di qualcuno che non può amarci o con qualcuno che non dovremmo amare. Questo è il motivo per cui quando ci innamoriamo non possiamo lasciarci trasportare dalle emozioni che proviamo. Dobbiamo fermarci un attimo, riflettere sulle cose, discutere con i nostri amici”. Solo dopo un necessario periodo di discernimento, arriviamo a confermare “con un atto libero della nostra intelligenza e della nostra volontà la decisione che i nostri sentimenti ci avevano suggerito: ci sposiamo”. Buttiglione sottolinea che nel sacramento del matrimonio “diventiamo l’uno per l’altro testimoni particolarmente responsabili dell’amore di Dio” e “chiamiamo Dio come testimonianza del nostro amore”. È partendo da questa realtà che si comprende il perché il divorzio per la Chiesa è un peccato grave. “È come se uno dicesse al suo coniuge: non è vero che Dio ti ama”, spiega Buttiglione, che però poi puntualizza come insieme al lato oggettivo del divorzio, vada tenuto presente anche il lato soggettivo, ossia la piena consapevolezza e il consenso deliberato. “Non siamo sempre pienamente responsabili del male che facciamo – sottolinea -. Questo è il motivo per cui in Amoris Laetitia Papa Francesco invita i divorziati risposati ad andare alla confessione, a valutare insieme al confessore il livello della loro responsabilità, a chiedere perdono e ad entrare nel sentiero di una piena riconciliazione con Dio e con la Comunità dei fedeli”.

“All’inizio del pellegrinaggio verso il vero amore c’è la virtù della castità – sottolinea Buttiglione – alla fine la virtù della perseveranza”. Il filosofo chiarisce, inoltre, che “i dinamismi interiori della sessualità sono stati creati da Dio per proteggere la venuta nel mondo del bambino”. “Il bambino cresce nell'amore dei suoi genitori – aggiunge Buttiglione -. Cerchiamo di chiarire un punto: il bambino non ha bisogno solo dell'amore del padre e dell'amore della madre come se fossero due amori diversi uniti solo nel loro oggetto che è il bambino. Il bambino ha bisogno dell'amore degli sposi l'uno per l'altro che si riversa su di lui o lei. Solo questo amore costituisce il meglio in cui il bambino può tranquillamente sentirsi a proprio agio e essere educato. Il miglior regalo che un padre possa dare ai suoi figli è amare la loro madre e viceversa”.

 

23 agosto 2018
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