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P. Giacomo Costa, SI: Il cammino sinodale fino alla "Christus vivit"

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1. Il Sinodo: una esperienza di Chiesa

 

I frutti di questo lavoro stanno già “fermentando”, come fa il succo dell’uva nelle botti dopo la vendemmia. Il Sinodo dei giovani è stato una buona vendemmia, e promette del buon vino. Ma vorrei dire che il primo frutto di questa Assemblea sinodale dovrebbe stare proprio nell’esempio di un metodo che si è cercato di seguire, fin dalla fase preparatoria. Uno stile sinodale che non ha come obiettivo principale la stesura di un documento, che pure è prezioso e utile. Più del documento però è importante che si diffonda un modo di essere e lavorare insieme, giovani e anziani, nell’ascolto e nel discernimento, per giungere a scelte pastorali rispondenti alla realtà. (Papa Francesco, preghiera dell’Angelus 28 ottobre 2018)

 

In queste poche parole di papa Francesco pronunciate durante la preghiera dell’Angelus nel giorno conclusivo del Sinodo, troviamo il cuore di quello che vorrei comunicarvi. Come abbiamo sentito, il Sinodo non è soltanto una riunione periodica di vescovi e men che meno il documento che essi elaborano e approvano al termine dei loro lavori, ma è molto di più. Lo spiega bene anche la costituzione apostolica Episcopalis communio, il documento in cui la Chiesa precisano finalità del Sinodo e modi di svolgerlo: Sinodo non è quello che accade all’interno dell’Aula durante il mese di Assemblea, ma è un cammino fatto insieme – questa l’etimologia del termine – un percorso, un processo che mette in moto e coinvolge (con modalità diverse) tutte le membra del corpo della Chiesa.

Davvero – e questo mi sento di testimoniarlo sulla base di quello che ho vissuto come Segretario speciale, dall’inizio del lavoro di preparazione fino all’ultimo giorno – il Sinodo è una esperienza di Chiesa, di approfondimento della sua identità e della sua missione. E per questo non può non diventare anche una occasione di incontro con il Signore, che della Chiesa è Capo e Sposo.

2. Il desiderio che spinge a camminare

Non è quindi semplice spiegare in un tempo tutto sommato ridotto un percorso e un processo ricco e articolato e non basta limitarsi a raccontarne lo svolgimento dal momento in cui è stata resa pubblica la scelta del tema «I giovani, la fede, il discernimento vocazionale», nell’ottobre 2016 a oggi.

Comincio così ricordando l’intenzione che sta alla base di tutto il cammino: la domanda – o forse meglio il desiderio – che ha spinto la Chiesa a interrogarsi e mettersi in movimento. Il Documento preparatorio, pubblicato a gennaio 2017, servito mettere in moto il processo sinodale, formula così l’intenzione profonda che lo anima:

 

Attraverso il percorso di questo Sinodo, la Chiesa vuole ribadire il proprio desiderio di incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso. […[. Che la loro vita sia esperienza buona, che non si perdano su strade di violenza o di morte, [..]: tutto ciò non può non stare a cuore a chi è stato generato alla vita e alla fede e sa di avere ricevuto un dono grande. (cap. II, Fede, Discernimento, Vocazione)

 

La Chiesa è animata dal desiderio di portare a termine la missione che le è stata affidata: prendersi cura di tutti gli uomini e le donne – quindi anche i giovani del mondo di oggi –  e aiutarli a mettersi in ascolto della chiamata del Signore, a fidarsi della sua promessa di felicità e pienezza e a mettersi alla sua sequela. La Chiesa sente quindi di avere qualcosa da dare ai giovani. E a tutti i giovani, nessuno escluso, tanto quelli che frequentano abitualmente gli ambiti ecclesiali (parrocchie, associazioni, movimenti, scuole e università cattoliche, ecc.), così come quelli che ne sono distanti (per tante ragioni) e persino quelli per cui la distanza segnala una vera e propria ostilità.

Ma anche un altro desiderio, complementare al precedente:

 

la Chiesa ha deciso anche …di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia. Attraverso i giovani, la Chiesa potrà percepire la voce del Signore che risuona anche oggi. Come un tempo Samuele (cfr. 1Sam 3,1-21) e Geremia (cfr. Ger 1,4-10), ci sono giovani che sanno scorgere quei segni del nostro tempo che lo Spirito addita. Ascoltando le loro aspirazioni possiamo intravvedere il mondo di domani che ci viene incontro e le vie che la Chiesa è chiamata a percorrere. (cfr Introduzione)

 

La Chiesa è consapevole di avere bisogno dei giovani, proprio per poter compiere la sua missione in un mondo e in una cultura che cambiano sempre più velocemente. I giovani sono portatori di un punto di vista senza il quale è impossibile leggere e decodificare il nostro tempo, e ancora meno dialogare in modo efficace con esso. La Chiesa sente quindi anche di aver bisogno di ricevere qualcosa dai giovani, in primis da quelli che già si trovano al suo interno e voi tutti.

Questa duplice dinamica, o forse meglio questo intreccio – dalla Chiesa verso i giovani; dai giovani verso la Chiesa – ha marcato tutto il percorso sinodale, fino allo svolgimento dell’Assemblea e al ruolo che al suo interno hanno ricoperto i giovani e le giovani invitati come uditori e uditrici, come sentiremo tra poco.

3. Il metodo del discernimento con i suoi passi

Per realizzare insieme questo desiderio si è seguito un metodo che letteralmente significa “la strada comune”, la strada su cui camminare insieme per compiere scelte che realizzino il Vangelo. Come abbiamo sentito da papa Francesco, il discernimento è stato scelto non solo come tema portante del cammino (è nel titolo del Sinodo), ma anche e soprattutto come metodo di lavoro che ne ha strutturato tutte le fasi.

Lo dichiara l’Instrumentum laboris (pubblicato nel 2018 come base dei lavori dell’Assemblea sinodale) fin dall’inizio: «Nel discernimento riconosciamo un modo di stare al mondo, uno stile, un atteggiamento fondamentale e allo stesso tempo un metodo di lavoro, un percorso da compiere insieme» (Instrumentum laboris, n. 2). E questo a partire da una convinzione profonda: rispetto alle domande che hanno messo in moto il processo, non esistono ricette pronte o soluzioni preconfezionate.

Ora, discernimento è un termine complicato, certamente poco usato nel linguaggio corrente e molto lontano dal linguaggio dei giovani. Ma è anche un termine molto antico nella storia della Chiesa, di cui esistono significati e declinazioni diverse, pur tra di loro legati. Tutti però in modo o nell’altro indicano con discernimento il la dinamica spirituale attraverso cui una persona, un gruppo o una comunità cercano di riconoscere e di accogliere la volontà di Dio nel concreto della loro situazione. «Inventa con il tuo Dio il futuro che Egli ti dona» («Invente avec ton Dieu l’avenir qu’Il te donne») dice una canzone francese.

Per quanto riguarda il percorso sinodale, la scelta è stata quella di prendere come riferimento quanto papa Francesco propone a tutta la Chiesa nel n. 51 dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium. Egli indica tre tappe di un processo che resta unitario, e che quindi rimandano costantemente l’una all’altra.

Così l’Instrumentum laboris (n. 3) tratteggiava queste tre fasi che riassumo leggermente:

Riconoscere. Il primo passaggio è quello dello sguardo e dell’ascolto. Richiede di prestare attenzione alla realtà dei giovani di oggi, nella diversità di condizioni e di contesti nei quali vivono. Richiede umiltà, prossimità ed empatia, così da entrare in sintonia e percepire quali sono le loro gioie e le loro speranze, le loro tristezze e le loro angosce (cfr. GS 1). Lo stesso sguardo e lo stesso ascolto, pieno di sollecitudine e di cura, vanno rivolti verso ciò che vivono le comunità ecclesiali presenti in mezzo ai giovani in tutto il mondo. In questo primo passaggio l’attenzione si focalizza sul cogliere i tratti caratteristici della realtà: le scienze sociali offrono un contributo insostituibile, peraltro ben rappresentato nelle fonti utilizzate, ma il loro apporto è assunto e riletto alla luce della fede e dell’esperienza della Chiesa.

Interpretare. Il secondo passaggio è un ritorno su ciò che si è riconosciuto ricorrendo a criteri di interpretazione e valutazione a partire da uno sguardo di fede. Le categorie di riferimento non possono che essere quelle bibliche, antropologiche e teologiche espresse dalle parole chiave del Sinodo: giovinezza, vocazione, discernimento vocazionale e accompagnamento spirituale. Risulta perciò strategico costruire un quadro di riferimento adeguato dal punto di vista teologico, ecclesiologico, pedagogico e pastorale, che possa rappresentare un ancoraggio capace di sottrarre la valutazione alla volubilità dell’impulso, pur riconoscendo «che nella Chiesa convivono legittimamente modi diversi di interpretare molti aspetti della dottrina e della vita cristiana» (GE 43). Per questo rimane indispensabile assumere un dinamismo spirituale aperto.

Scegliere. Solo alla luce della vocazione accolta è possibile comprendere a quali passi concreti ci chiama lo Spirito e in che direzione muoverci per rispondere alla Sua chiamata. In questa terza fase del discernimento occorre passare in esame strumenti e prassi pastorali, e coltivare la libertà interiore necessaria per scegliere quelli che meglio ci consentono di raggiungere lo scopo e abbandonare quelli che si rivelano invece meno capaci di farlo. Si tratta dunque di una valutazione operativa e di una verifica critica, non di un giudizio sul valore o sul significato che quegli stessi mezzi hanno potuto o possono rivestire in circostanze o epoche diverse. Questo passaggio potrà individuare dove è necessario un intervento di riforma, un cambiamento delle prassi ecclesiali e pastorali per sottrarle al rischio di cristallizzarsi.

Questi tre passi strutturano ciascuno dei documenti prodotti nei diversi momenti, dal Documento preparatorio a quello finale. Ma anche l’intero processo risulta scandito e strutturato dal prevalere, nei diversi momenti, dell’intenzione alla base di ciascuna di queste tre fasi.

Così durante la fase preparatoria è certamente racchiusa nella cifra della raccolta di dati, informazioni, esperienze, quindi del “riconoscere”. Questa fase, in cui in un modo o nell’altro avete partecipato, ha visto l’elaborazione del Documento preparatorio (gennaio 2017) con la preghiera del papa per i giovani, la consultazione degli esperti (“Seminario internazionale sulla condizione giovanile” svoltosi dall’11 al 15 settembre 2017), la consultazione delle Conferenze episcopali di tutto il mondo, il “Questionario on line”, che ha raccolto le risposte di oltre 100.000 giovani di tutto il mondo, e soprattutto la novità della “Riunione pre-sinodale” dal 19 al 24 marzo 2018 (era la prima volta) su cui torneremo. Tutto questo ascolto è stato condensato all’elaborazione dell’Instrumentum laboris. Da ricordare che anche molte Conferenze Episcopali e congregazioni religiose hanno operato ricerche di alta qualità sul campo dal punto di vista sociale, culturale ed ecclesiale, o organizzato momenti di incontro, confronto, preghiera con i giovani.

 

I lavori dell’Assemblea sinodale di ottobre (2018) rappresentano il momento privilegiato dell’interpretare: il compito principale dell’Assemblea è proprio quello di fornire una lettura della realtà in cui la Chiesa è immersa a partire da uno sguardo di fede, e avendo di mira l’identificazione di passi concreti da compiere (dunque già nella prospettiva dello scegliere).

Con l’approvazione del Documento finale, consegnato al Pontefice e poi reso pubblico, si apre il tempo dell’attuazione, della messa in pratica a livello locale degli stimoli lanciati dal Sinodo. È il tempo che stiamo vivendo insieme ora, anche in questi giorni di Riunione post-sinodale. Certo, abbiamo ancora bisogno di riconoscere e interpretare, soprattutto quando si tratta di incarnare le intuizioni del Sinodo (e gli stimoli dell’Esortazione post-sinodale) in contesti locali specifici e diversi da loro, ma resta vero che l’enfasi è sull’agire, sul dare attuazione, e quindi sullo scegliere.

4. Le parole chiave

Messo a fuoco il metodo con cui ha lavorato il Sinodo, per comprenderne lo sviluppo è necessario soffermarsi su alcune parole chiave – a partire da quelle che forma il titolo – che sono state oggetto di riflessione, approfondimento e dialogo, approdando a una sintesi di cui il Documento finale è testimonianza. Ci siamo già soffermati sul termine “discernimento”, affrontiamo ora altrettanto brevemente gli altri.

I giovani

Non è certamente un caso che siano la prima parola del titolo: volutamente un termine concreto (non la gioventù o l’età giovanile) e volutamente al plurale. L’intenzione fin dall’inizio è stata di darsi gli strumenti per uscire dagli stereotipi che non mancano a riguardo dei giovani, anche all’interno della Chiesa. Il rischio da evitare è di idealizzare e ideologizzare i giovani o di trattarli in modo paternalistico, perdendo di vista che essi crescono in un contesto molto diverso rispetto anche a pochi anni fa.

Tra tutti gli strumenti specifici di contatto con la realtà dei giovani il Documento finale della “Riunione pre-sinodale” è il testo di gran lunga più citato nell’Instrumentum laboris. Ha fatto emergere tanti elementi fondamentali: il desiderio dei giovani di essere ascoltati, l’importanza e le difficoltà con le famiglie e nel mondo del lavoro le domande che pongono il mondo digitale, la globalizzazione, l’immigrazione, le questioni ecologiche, l’esperienza di una freddezza della vita delle comunità ecclesiali e delle liturgie e soprattutto il desiderio di una Chiesa autentica, fraterna, vicina, trasparente, impegnata,  

La fede

Una seconda parola chiave del cammino sinodale è certamente la fede: in quanto partecipazione al modo di vedere di Gesù (cfr. Lumen fidei, 18), è la fonte del discernimento vocazionale, perché ne offre i contenuti fondamentali, le articolazioni specifiche, lo stile singolare e la pedagogia propria. La luce che viene dalla fede illumina tutti i passaggi del percorso sinodale: ci offre lo sguardo adeguato per riconoscere la situazione dei giovani con intelligenza spirituale e compassione evangelica; ci chiarisce con quali criteri siamo chiamati a leggere le richieste che ci vengono da ciò che abbiamo riconosciuto, facendoci entrare sempre più nel sentire del Signore Gesù; ci dona il coraggio per affrontare le sfide evocate attraverso decisioni rischiose capaci di testimoniare la nostra volontà di conversione spirituale e pastorale.

La fede è quindi ben di più di un contenuto da trasmettere ai giovani: la ricchezza dell’esperienza dell’incontro con il Signore non può non spingere ogni credente a condividere questo dono con tutti coloro che incontra in ogni modo. La fede è per ogni credente e per tutta la Chiesa anche un dono scomodo, un pungolo, una fonte di sana inquietudine: «Una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci; una fede che non ci anima è una fede che deve essere animata; una fede che non ci sconvolge è una fede che deve essere sconvolta» (Francesco, Udienza alla Curia romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, 21 dicembre 2017 - Instrumentum laboris, n. 73).

Davvero nel percorso sinodale abbiamo sperimentato tutte queste sfaccettature della fede, abbiamo sperimentato come il Signore ci stava effettivamente accompagnando e ci invitava non tanto ad elaborare nuove tecniche di pastorale giovanile ma approfondire la sua Parola. È Lui il punto di riferimento con la sua capacità di accompagnare anche quando si percorrono strade non costruttive (nella direzione opposta a Gerusalemme, e cioè verso la notte, come con i discepoli di Emmaus), di ascoltare, di porre domande, di “mettere in piedi”, di dare coraggio, di trasmettere il suo Spirito.

La vocazione

Vocazione è il focus specifico del Sinodo, ma è anche un concetto su cui si è rilevato fin da subito il bisogno di verifica, approfondimento e chiarificazione. Già dalla fase di ascolto (dei giovani come delle Conferenze episcopali) era emerso che una delle maggiori fragilità della nostra pastorale deriva da una visione riduttiva e ristretta di vocazione, che la restringe al ministero ordinato e alla vita consacrata.

Da questo punto di vista vale davvero la pena rileggere con calma il cap. II della Seconda parte del Documento finale del Sinodo, che prova ad articolare una visione integrale di vocazione, capace di superare i limiti appena segnalati. Viene caratterizzata come una realtà analogica, dalle molte dimensioni, in radice come un vero e proprio “mistero” (nel senso teologico del termine), in cui si gioca l’incontro tra la libertà dell’essere umano e la grazia di Dio: «La vocazione non è né un copione già scritto che l’essere umano dovrebbe semplicemente recitare né un’improvvisazione teatrale senza traccia» (n. 78).

Ricordando come la creazione e la chiamata alla vita vadano lette in chiave vocazione, il Documento finale richiama la vocazione battesimale (cioè la chiamata universale alla santità) come orizzonte all’interno del quale collocare le singole forme di sequela, fondate sulla varietà dei carismi e unite dalla comune partecipazione «alla missione della Chiesa, che ha come finalità fondamentale la comunione con Dio e tra tutte le persone» (n. 84). Solo a questo punto ha senso passare in rassegna i diversi ambiti e modalità in cui concretamente la vocazione si gioca. E’ interessante l’elenco che offre il Documento finale: l’ambito del lavoro e della professione, la famiglia, la vita consacrata, il ministero ordinato e anche la condizione dei single.

L’accompagnamento

Anche se non compare nel titolo, l’accompagnamento è indubbiamente una parola chiave del Sinodo: il Documento finale vi dedica l’intero cap. III della Parte seconda, anche in questo caso proponendo una visione integrale e aggiornata di una pratica tradizionale della spiritualità cristiana. Il bisogno di accompagnamento è emerso con forza durante la fase di preparazione, innanzi tutto da parte dei giovani, insieme alla fatica che la Chiesa fa nel dare una risposta adeguata per la mancanza di un numero sufficiente di persone adatte dal punto di vista spirituale, pedagogico e vocazionale a svolgere questo compito. E i giovani stessi, a questo proposito, si sono mostrati assai esigenti (cfr. Instrumentum laboris, nn. 130-132).

In questa visione, l’accompagnamento è concepito innanzi tutto come una responsabilità corale della comunità cristiana, che ha di mira non solo gli aspetti più squisitamente spirituali, ma anche umani e sociali, nella logica della promozione dell’integrazione della persona. Molteplici sono le figure che svolgono un ruolo di accompagnatori: non solo sacerdoti e religiosi, ma genitori, insegnanti, animatori, educatori, senza dimenticare il ruolo fondamentale di sostegno e accompagnamento rappresentato dall'amicizia e dal rapporto con i pari. Come l’esperienza della scuola o dei gruppi giovanili mostra, non sono rari i casi in cui sono i giovani stessi ad accompagnare i loro coetanei.

5. I giovani ci chiedono di camminare insieme

Come potete immaginare, si è trattato di un cammino intenso, talvolta faticoso, in cui non sono mancate le svolte e le sorprese. O, detto in altri termini, momenti in cui lo Spirito si è fatto presente per indicare alla sua Chiesa in che direzione procedere. In questo senso i frutti sono certamente più abbondanti, ma anche in parte diversi, da quelli che potevamo immaginare o attenderci. È una delle emozioni più profonde che abbiamo potuto sperimentare, grazie all’ascolto e al dialogo che il Sinodo è riuscito a suscitare.  La bellezza e la difficoltà dell’ascolto, rendersi conto che si tratta di un confronto tra idee ma incontro tra persone appassionate del Signore, la difficoltà di costruire un testo che sia una casa in cui tutti possono abitare insieme.

Così, uno dei frutti più significativi è la maturazione del desiderio di fare dello stile sinodale il modo ordinario con cui la Chiesa procede: di qui l’invito, formulato al n. 120 del Documento finale, a continuare a dar vita «processi di discernimento comunitari che includano anche coloro che non sono vescovi nelle deliberazioni», animati da uno stile di ascolto fraterno e dialogo intergenerazionale, a cui «partecipino famiglie, istituti religiosi, associazioni, movimenti e i giovani stessi». Credo che possiamo legittimamente sentire che in questi giorni stiamo rispondendo a questo invito, nella forma che questo incontro permette.

Al numero precedente, il 119, il Documento finale riconosce quanto importante sia stato l’incontro e il rapporto diretto con i giovani, anche durante lo svolgimento dell’Assemblea sinodale, per maturare questa consapevolezza di quale debba essere oggi lo stile della Chiesa e di come sia fondamentale ricordare sempre che i giovani non sono oggetto, ma co-protagonisti dell’azione pastorale della Chiesa. Lo ascoltiamo per intero:

I giovani ci chiedono di camminare insieme

La Chiesa nel suo insieme, nel momento in cui in questo Sinodo ha scelto di occuparsi dei giovani, ha fatto una opzione ben precisa: considera questa missione una priorità pastorale epocale su cui investire tempo, energie e risorse. Fin dall’inizio del cammino di preparazione i giovani hanno espresso il desiderio di essere coinvolti, apprezzati e di sentirsi coprotagonisti della vita e della missione della Chiesa.

In questo Sinodo abbiamo sperimentato che la corresponsabilità vissuta con i giovani cristiani è fonte di profonda gioia anche per i vescovi. Riconosciamo in questa esperienza un frutto dello Spirito che rinnova continuamente la Chiesa e la chiama a praticare la sinodalità come modo di essere e di agire, promovendo la partecipazione di tutti i battezzati e delle persone di buona volontà, ognuno secondo la sua età, stato di vita e vocazione. In questo Sinodo, abbiamo sperimentato che la collegialità che unisce i vescovi cum Petro et sub Petro nella sollecitudine per il Popolo di Dio è chiamata ad articolarsi e arricchirsi attraverso la pratica della sinodalità a tutti i livelli.

 

Come abbiamo sentito all’inizio, il Sinodo è ben più di un documento, è un’esperienza vissuta insieme per compiere insieme la volontà del Signore. Siamo qui in questi giorni per continuare a sperimentare e ad approfondire la ricchezza di questa intuizione! Concludo così con alcune immagini del Sinodo che spero vi aiutino a entrare oggi nello spirito di questa esperienza (Video “Tutto il Sinodo 2018 in un minuto, https://www.youtube.com/watch?v=xdg9jBlSR2g).

19 giugno 2019