Incontro mondiale delle famiglie

La testimonianza di Marian e Vincent Bradley (Irlanda del Nord), “Noi genitori di una bimba con bisogni speciali”

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Alla prima giornata del congresso pastorale organizzato a Dublino in occasione dell’Incontro mondiale delle famiglie (21-26 agosto) Marian Vincent Bradley (Irlanda del Nord), hanno portato la loro testimonianza di genitori di una bambina con bisogni speciali. Già genitori di Finola e Ronan (che all’epoca avevano 6 e 3 anni), hanno atteso l’arrivo della terzogenita “in famiglia”, condividendo con i loro figli ogni momento della gravidanza. Al momento del parto, però, qualcosa non è andato come previsto. Una crisi improvvisa, la bimba da rianimare trasportata subito in terapia intensiva neonatale, senza che potesse nemmeno un istante incrociare lo sguardo di mamma e papà. “Quel giorno, siamo entrati in un mondo nuovo e sconosciuto che aveva il suo linguaggio alieno – raccontano -  un mondo non era quello che avremmo desiderato”. Un linguaggio che non era fatto di pannolini e di coccole, ma di monitor, medici, infermieri, incubatrici sterili, gergo medico e medicine. “Potevamo solo guardare, indifesi, persi nella nostra paura”, aggiungono.

Dopo diverse settimane, la bimba, a cui hanno dato il nome di Meabh, è tornata a casa. “Nessuno aveva idea di quanto grave era il danno celebrale subito dalla nostra bimba – raccontano – e di quale impatto questo avrebbe avuto sulla sua vita. È stato un attendere e osservare, mentre nessuno ci dava speranze. La nostra bimba, per loro, non aveva chance e le nostre vite non sarebbero mai più state le stesse”. “Abbiamo lasciato l’ospedale senza fiori o palloncini di benvenuto per il nuovo nato – aggiungono – e alcuni amici e vicini, incontrandoci per strada, ci hanno evitato. Quello è stato l’inizio della nostra nuova vita, fatta di dolore, perdite e sfide. Un percorso diverso e solitario, insieme a pochissime persone che hanno scelto di starci accanto”. In quel momento ecco il desiderio di prendere in mano la Bibbia e di chiedere a Dio alcune parole per aiutarli a vivere questa nuova vita e come aiutare la loro piccola, bella e vulnerabile. Il libro si apre alla pagina del vangelo in cui si narra l’incontro di Gesù con Giairo: “Non avere paura, credi in me, e lei sarà guarita”. Una frase, che da allora accompagna ogni giorno Marian e Vincent. “Come saremmo stati in grado di continuare a lavorare, a pagare il mutuo, ad assicurarci che Finola e Ronan avessero le vite che speravamo per loro? – raccontano - Il nostro matrimonio sarebbe sopravvissuto a questo? Dio ha commesso un errore affidandoci questo figlio? Nessuno di noi aveva una formazione medica e fino a quel momento era tutto ciò di cui Meabh sembrava aver bisogno”. Vivevano un lutto, ma non avevano il tempo per metabolizzarlo. Una sfida, quella della piccola Meabh, che ha cambiato la vita di tutta la famiglia. Una famiglia che è rimasta “isolata”.

“Ci sono molte cose che la nostra famiglia non può fare – racconta Marian – nessuno è interessato o ha il tempo per offrire anche solo una parola di incoraggiamento. In situazioni come queste anche solo una parola gentile, o un gesto compassionevole avrebbe fatto la differenza. Questa nuova vita ha un costo: le nostre carriere sono sparite, le vacanze sono impossibili, non possiamo uscire a cena o pianificare un viaggio. Non possiamo pianificare nulla. La situazione può cambiare molto rapidamente. E questo la maggior parte della gente non lo nota nemmeno”. Eppure, in tutto questo, Marian e Vincent hanno scoperto che “non c’è niente di logico nell’amore di un genitore: è istintivo, potente, energico, dinamico e senza paura. È un amore che non conosce limiti”. E da “nuovi” genitori, Marian e Vincent hanno scoperto che parte del loro “vero lavoro” è educare le persone accanto a loro a cosa sia il mondo della disabilità e della cura. “Abbiamo iniziato da una liturgia per bambini nella nostra chiesa – raccontano – molti dei nostri ragazzi, infatti, a causa della loro disabilità non ricevono un’educazione religiosa a scuola. E poi abbiamo avviato un programma SPRED per coloro che hanno esigenze speciali nella nostra parrocchia”. “Ma il sogno che il Signore aveva per noi stava ancora crescendo – rivela Marian -. La nostra famiglia è stata trasformata. Il nostro percorso costa fatica, ma dona anche gioia, tanta gioia e tanto amore. La nostra casa è piena di risate. Meabh, che dipende totalmente da noi, è il centro di tutta la famiglia. Il mio cuore si illumina quando guardo Vincent: il suo amore è forte, la sua dedizione e il suo amore per i nostri tre figli è instancabile e travolgente”. E in questo amore sono coinvolti anche gli altri due figli, Ronan e Finola, che aiutano anche loro i genitori nell’accudire Meabh. “Sono loro i veri eroi della nostra famiglia”, commenta orgogliosa Marian.

“Meabh ci dà così tanto – aggiunge -. È così divertente, ci fa ridere e scherzare tutto il tempo. Ha un gran senso dell’umorismo e ama giocare. Con il suo linguaggio è un’eccellente comunicatrice. Vedere ogni persona come creata a immagine e somiglianza di Dio, qualunque sia la sua disabilità, è un grande dono e grazie a Dio ci è stato dato quel dono. Non vediamo una bambina sulla sedia a rotelle, totalmente dipendente e vulnerabile, ma vediamo una bellissima giovane donna che è piena di amore e dotata di incredibili potenzialità. Vediamo un mondo trasformato da lei e dalla sua presenza”. Non mancano certo le preoccupazioni legate al futuro: che ne sarà di Meabh, quando i genitori non ci saranno più? Chi si prenderà cura di lei? “Ci è stato chiesto di vivere in un mondo pieno di tenerezza  - conclude Marian -. Questo è il nostro sogno e quando ciò accade non dobbiamo preoccuparci di chi amerà nostro figlio. Dobbiamo lasciare tutto nelle mani di Dio, che è Padre della nostra famiglia”.

 

22 agosto 2018