Associações e Movimentos

Consolados por um novo encontro com Cristo ressuscitado, anunciadores e portadores da paz

Homilia e saudação final do Cardeal Kevin Farrell nos exercícios espirituais da Fraternidade de Comunhão e Libertação
FarrellCL2024_2.jpg

 

De 12 a 14 de abril, aconteceram em Rimini os exercícios espirituais da Fraternidade de Comunhão e Libertação sobre o tema “O que me surpreende, diz Deus, é a esperança”, pregados por Mons. Giovanni Paccosi, Bispo de San Miniato, com a presença de cerca de 21 mil pessoas.

Outras 3 mil pessoas acompanharam de casas devido à impossibilidade de se deslocarem, além de 21 comunidades de outros países. Nas próximas semanas, outros 70 países viverão este evento através da gravação.

No sábado, o prefeito do Dicastério para os Leigos, a Família e a Vida, o Cardeal Kevin Farrell, celebrou a Santa Missa para os presentes e para os que seguiam remotamente.

Na homilia, o cardeal Farrell convidou todos a rezar “para que, nestes dias, todos sejam consolados por um novo encontro com Cristo ressuscitado e sejam anunciadores e portadores de paz em meio a tantos conflitos e tensões que afligem o mundo. Oremos para que a Fraternidade de Comunhão e Libertação permaneça sempre um lugar abençoado de descoberta da beleza da fé para milhares de pessoas, e que seja preservada na unidade para cumprir a missão que o Senhor lhe confia.”

O vídeo das saudações de Davide Prosperi, Presidente da Fraternidade, e o do Cardeal Farrell, no final da celebração, também estão disponíveis online.

 

***

A seguir, publicamos o texto integral da homilia proferida em italiano por Sua Eminência, o Cardeal Kevin Farrell:

 

Cari fratelli e sorelle,

nella letizia del tempo pasquale e nel contesto dei vostri esercizi spirituali, abbiamo la gioia di vivere l’incontro con il Signore Gesù presente nell’Eucarestia. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci parla proprio di questo incontro.

Dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, avvenuto nei pressi di Tiberiade, Gesù, per sottrarsi alla folla che vuole farlo re, si ritira da solo sul monte (cfr. Gv 6,15). Arrivata la sera, dopo aver aspettato a lungo, gli apostoli decidono di avviarsi da soli in direzione di Cafarnao, città di origine di alcuni di loro, dove anche Gesù aveva fissato la sua residenza. Non ricevono un comando da Gesù, come viene narrato nel Vangelo di Marco (cfr. Mc 6,45), essi stessi prendono questa iniziativa.

Dopo essere stati insieme al Maestro e averlo aiutato a sfamare le folle, ora si crea una separazione: Gesù “sale” sul monte, mentre i discepoli “scendono” al lago (cfr Gv 6,16). Proprio in questo momento, sulla via del ritorno a casa, si ritrovano da soli, al buio, in mezzo al “mare” di Galilea, agitato dal vento forte che si solleva.

Nella situazione dei discepoli possiamo rivedere noi stessi. I “successi di Tiberiade” sono esaltanti, ma non durano per sempre! Poi bisogna tornare alla “normalità di Cafarnao”, lì dove ognuno ha la propria dimora, dove aspettano i familiari, dove si ha la sicurezza del vivere. E per far questo bisogna affrontare di nuovo il mare. Il mare, nella tradizione biblica, è spesso simbolo delle potenze malvagie che Dio solo può sottomettere per salvare il suo popolo.

Dunque anche a noi – come individui o come movimento – nei nostri tanti “ritorni alla normalità” dopo le consolazioni spirituali, dopo i successi missionari, dopo le gioie più intense, anche a noi può sempre accadere di sperimentare non solo la solitudine e la separazione dal Maestro, ma il risveglio delle forze del male, che sembra cancellare tutti i momenti di grazia vissuti. Ebbene, proprio in momenti come questo, avviene l’incontro.

In questo Vangelo la venuta di Gesù è una teofania, è la manifestazione della presenza stessa di Dio. Gesù, infatti, appare camminando sulle acque, azione che nell’Antico Testamento non si trova mai attribuita ad un uomo, ma solo a Dio, come afferma ad esempio il libro di Giobbe: «Lui solo (Dio) dispiega i cieli e cammina sulle onde del mare» (Gb 9,8).

Quando Gesù si manifesta nella pienezza della sua divinità, i discepoli “vollero prenderlo sulla barca”, dice il Vangelo, e “subito la barca toccò la riva”. Se il mare rappresentava il pericolo, la terra ora rappresenta la sicurezza. Nell’istante stesso in cui i discepoli sono disposti ad accogliere Gesù, la barca tocca terra: ciò equivale a dire che quando si riconosce Gesù nella sua divinità, e, soprattutto, quando si accoglie nella propria vita la sua presenza che salva, subito “si tocca terra”, si passa dal dominio della morte a quello della vita.

Così è sempre l’incontro con Gesù. È un incontro che porta salvezza, che sottrae la vita alla forza oscura della disperazione, del male, del peccato, del nonsenso. È un incontro che ci riporta alla “terra ferma”, cioè alla certezza che la vita poggia su un fondamento solido perché trae origine da un atto generativo di Dio, è accompagnata dal suo paterno e provvidenziale aiuto ed è orientata ad un destino buono. Il “ritorno a Cafarnao”, cioè alla normalità quotidiana, che per noi, come per gli Apostoli, corre il rischio di trasformarsi in una crisi, grazie all’incontro con Gesù, viene trasformato: non è più il ritorno alla banalità di una esistenza senza Dio, dispersa in faccende di poco conto, ma l’inizio di una nuova fase della missione, che apre a nuove grazie e a nuove rivelazioni, come narra il seguito del Vangelo.

Carissimi, questo Vangelo rinsalda la nostra speranza. L’incontro con Gesù che ha illuminato e dato senso alla nostra vita non rimane un evento isolato nel passato. No! Accade sempre di nuovo. Anche ora! Anche in questi giorni di esercizi! Forse alcuni sono venuti qui con il buio e la solitudine nel cuore, ma torneranno a casa con la luce e la gioia della comunione ritrovata in Cristo. La Chiesa, la comunità dei credenti, è l’ambiente “umano e divino”, voluto dal Signore, dove questo evento di grazia può sempre accadere. E, nella Chiesa, proprio i carismi suscitati dallo Spirito Santo sono il luogo particolare dove l’incontro con Cristo diventa più facilmente accessibile agli uomini. Anche il carisma di Comunione e Liberazione è stato donato da Dio alla Chiesa perché gli uomini possano incontrare nelle notti della loro esistenza la consolante presenza di Cristo. Il vostro carisma, come gli altri nel passato, deve far uscire dal passato e dalla dimenticanza la risurrezione di Cristo nostro Salvatore e renderla vicina e sperimentabile ad ogni uomo.

A questo compito altissimo siete chiamati tutti e per questo avete ricevuto una formazione cristiana. A questo vi spinge il vostro carisma. È di vitale importanza perciò conservare l’unità della compagnia spirituale che lo Spirito Santo ha creato fra voi. Nel Vangelo si descrivono i discepoli che insieme, come un corpo solo, accolgono Gesù nella barca. Anche il Santo Padre, nella sua ultima lettera a voi indirizzata nella persona del Presidente, vi ha esortato ad aver cura dell’unità. È un dono da invocare nella preghiera e da realizzare con la vita, praticando l’umiltà, mettendo in secondo piano il desiderio di affermazione di sé e delle proprie vedute, rinunciando ad identificare il carisma con le proprie convinzioni o, peggio ancora, con la propria persona, perché il carisma è sempre più grande di una sola idea, è sempre più grande di un individuo solo, è sempre più grande di una generazione sola o di una stagione storica sola, fosse anche quella degli inizi. Il carisma è più grande anche del fondatore che lo ha accolto a vantaggio di tutta la Chiesa.

Supplichiamo dunque il Signore perché in questi giorni tutti siate consolati da un nuovo incontro con Cristo risorto e siate annunciatori e portatori di pace in mezzo a tanti conflitti e tensioni che affliggono il mondo. Preghiamo perché la Fraternità di Comunione e Liberazione rimanga sempre un luogo benedetto di scoperta della bellezza della fede per migliaia di persone e che sia custodita nell’unità per portare avanti la missione che il Signore le affida. Per tutto questo invochiamo l’aiuto di Maria, Madre della Speranza, protettrice dell’unità della Chiesa.

Amen.

15 de Abril de 2024