Laici
Le confraternite: casa e scuola di vita cristiana, comunione e sinodalità
Intervento del Card. Kevin Farrell al II Congresso internazionale delle Confraternite e della pietà popolare
Si è svolto, dal 4 all’8 dicembre scorso a Siviglia (Spagna), il II Congresso Internazionale delle Confraternite e della Pietà Popolare. Il Congresso internazionale si è aperto con la lettura del Messaggio di Papa Francesco da parte di S. Ecc. Mons. Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. Il Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, Card. Kevin Farrell, è intervenuto giovedì 5 dicembre sul tema “Le confraternite: casa e scuola di vita cristiana, comunione e sinodalità”. Pubblichiamo di seguito l’intervento del Cardinale Prefetto, in lingua italiana (originale in spagnolo).
*******
Un saluto cordiale a Mons. Saiz Meneses, Arcivescovo di Sevilla, ai vescovi e ai sacerdoti qui presenti, e a tutti i partecipanti a questo Congresso internazionale. Le confraternite sono composte da laici – di fatto sono le realtà aggregative laicali più antiche sorte nella Chiesa – e per questo il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che io rappresento, guarda con interesse al loro apostolato e al loro sviluppo storico. Nel titolo della conferenza che mi è stata assegnata, si mette a fuoco un aspetto particolare delle confraternite, quello di essere “casa e scuola di vita cristiana, comunione e sinodalità”. Riprendo i singoli elementi presenti nel titolo per offrire qualche riflessione sul tema.
1. Le confraternite come “casa”. La casa, più che un luogo fisico, è un luogo “antropologico” direi. La casa, infatti, fa riferimento all’abitazione fisica, che dà una determinazione concreta alla vita di una famiglia e ne riflette in un certo senso lo “stile”, i valori. Ma “casa” fa riferimento anche all’insieme di relazioni che in quell’abitazione prendono forma e che costituiscono l’ambiente vitale dove le persone esprimono appieno la loro dignità, le loro aspirazioni, i loro bisogni. La casa è anche il luogo che custodisce le tradizioni, il luogo dove gli adulti e gli anziani trasmettono alle nuove generazioni abitudini, cerimonie, prassi, linguaggi, che sono portatori di una grande ricchezza di valori, di esperienze di vita e di fede. La casa, dunque, nella concretezza di un luogo e nella ricchezza delle relazioni che vi si stabiliscono, è il luogo di appartenenza, dove ci si sente riconosciuti, dove ci si sente amati e accolti, dove si ritrova sé stessi e la propria storia, dove si torna sempre volentieri. Per capire questo aspetto, basta prendere coscienza di cosa proviamo quando, nella vita concreta, pronunciamo la frase: “torno a casa per qualche giorno!”. Quali emozioni, quali ricordi, quali attese affiorano in noi? Certamente calore, accoglienza, festa, tranquillità, riposo, compagnia, affetto, tradizioni. Tutto questo evoca la parola “casa”.
Troviamo qui un primo tratto caratteristico che è insito nella “vocazione” di ogni confraternita. La confraternita è chiamata ad essere il luogo vitale, fatto di spazi concreti e soprattutto di relazioni, dove ciascuno può “sentirsi a casa”, cioè sentirsi accolto e accettato, riconosciuto nella sua individualità, sostenuto e incoraggiato da legami veramente fraterni con gli altri confratelli. Deve essere un luogo dove ci si sente “in famiglia”, dove si percepisce di far parte di una comunità di persone legate da forti vincoli umani e spirituali e dove si ritrova il contatto con il proprio passato, con il passato della propria terra, dei propri antenati e così, ritrovando le radici, si rafforza la propria identità.
Cosa è contrario a tutto questo? Cosa impedisce ad una confraternita di essere percepita come una casa da tutti i suoi membri? Anzitutto la freddezza nelle relazioni. Ciò accade quando vi entra l’anonimato e così gli altri, invece di essere “con-fratelli”, restano per noi degli sconosciuti. Oppure quando i rapporti diventano burocratici, privi di sincerità. Quando ci si frequenta solo per adempiere ad alcuni compiti, ma non c’è nessuna condivisione di vita, nessuna apertura del cuore agli altri. Oppure quando le relazioni si limitano ai “ruoli” che ognuno riveste, o alle “gerarchie” che si creano nel gruppo. In questo modo le persone si nascondono dietro il “ruolo”, e nella confraternita non avviene più un reale incontro fra fratelli, ma iniziano a prevalere logiche di potere, la ricerca del prestigio sociale, l’affermazione del proprio io, invece del servizio disinteressato e dell’incontro sincero con l’altro.
È necessaria allora una cura continua perché ogni confraternita conservi una dimensione “famigliare”, perché rimanga “casa”, luogo dove ognuno possa ritrovare sé stesso nello stare insieme agli altri. È responsabilità di tutti, all’interno di una confraternita, preservare un clima di vera fraternità affinché l’indifferentismo e l’individualismo delle società contemporanee non contagino queste associazioni.
2. Le confraternite come “scuola”. Se la casa è il luogo per eccellenza dell’accoglienza e, potremo dire, dell’intimità, la “scuola” rappresenta, invece, il luogo dove l’individuo è chiamato ad uscire da sé stesso, ad andare al di là del suo mondo ristretto di conoscenze e di relazioni per allargare gli orizzonti, per confrontarsi con nuove idee e stabilire nuovi contatti.
Anche questo secondo aspetto fa parte della vocazione di una confraternita. Ogni confraternita è chiamata a diventare una “scuola”, un luogo di crescita personale e comunitaria, un luogo di scambio di opinioni e di confronto, di formazione, di superamento dei confini per imparare a pensare in modo nuovo. Il Santo Padre, rivolgendosi proprio ai membri delle confraternite ha affermato: «La ricchezza e la memoria della vostra storia non diventino mai per voi motivo di ripiegamento su voi stessi, di celebrazione nostalgica del passato, di chiusura verso il presente o di pessimismo per il futuro; siano piuttosto stimolo forte a reinvestire oggi il vostro patrimonio spirituale, umano, economico, artistico, storico e anche folkloristico, aperti ai segni dei tempi e alle sorprese di Dio»[1].
“Reinvestire il vostro patrimonio nell’oggi”, aperti a nuove ispirazioni che Dio suscita. Si tratta di una grande sfida. Qui davvero le confraternite sono chiamate ad essere “scuole” che insegnano a non rimanere immobili nel passato, ma stimolano ad aprirsi al presente e al futuro. È proprio questo invito che ha fatto il Santo Padre alle confraternite: «Mantenete vivo il carisma del servizio e della missione, rispondendo con creatività e coraggio ai bisogni del nostro tempo»[2].
Dunque, oltre alla cura di conservare quanto si è fatto nel passato, sarebbe utile chiedersi: come fare per mettere le nostre tradizioni a contatto con la vita attuale delle persone? Come fare perché i riti, gli atti di culto pubblici, le iniziative di preghiera e di mutua assistenza possano parlare anche agli uomini e alle donne di oggi, spesso lontani da ogni sensibilità religiosa?
In questo slancio di apertura agli uomini d’oggi, le confraternite devono essere animate da uno spirito missionario per raggiungere tutti, e in special modo le persone più semplici. Il Santo Padre ha detto alle confraternite: «Voi avete una missione specifica e importante, che è quella di tenere vivo il rapporto tra la fede e le culture dei popoli a cui appartenete, e lo fate attraverso la pietà popolare … Questa fede, che nasce dall'ascolto della Parola di Dio, voi la manifestate in forme che coinvolgono i sensi, gli affetti, i simboli delle diverse culture... E così facendo aiutate a trasmetterla alla gente, e specialmente alle persone semplici, a coloro che nel Vangelo Gesù chiama “i piccoli”»[3].
Questo slancio missionario, pur coinvolgendo i piccoli, si apre però a tutti, perché la fraternità, che definisce l’essenza di ogni confraternita, è un desiderio che è presente nel cuore di ogni uomo. Bisogna, perciò, saper andare incontro a questo desiderio, che rimane vivo anche negli uomini d’oggi, anche se non viene apertamente manifestato.
Le confraternite, come tutta la Chiesa, devono sempre trovare il coraggio e la creatività per parlare linguaggi nuovi, per suscitare interesse, per saper mettere in risalto la bellezza delle loro tradizioni e ri-presentarla in modo che essa attiri ancora. Infatti, molto più delle parole, è l’attrazione del bello che può far avvicinare molti alla fede. Intendo qui non solo la bellezza estetica dei riti, delle statue, delle vesti, ma soprattutto la bellezza della comunione e dell’unità fra i cristiani. È la bellezza della carità che tocca il cuore! Proviamo ad applicare quanto detto finora sulle confraternite come “casa” e “scuola”, ai tre ambiti specifici suggeriti dal titolo: la vita cristiana, la comunione, la sinodalità.
3. Le confraternite, casa e scuola di vita cristiana. Tocchiamo qui un punto importante. Nel passato la formazione alla vita cristiana era previa all’appartenenza alla confraternita e la si riceveva altrove: in famiglia, nella parrocchia, persino a scuola. Ora non è più così. Nell’attuale contesto culturale che caratterizza molte delle società occidentali, tante persone – in alcuni paesi la stragrande maggioranza – non ricevono più alcuna formazione cristiana (e religiosa in genere) né in famiglia, né in parrocchia, né in altre strutture ecclesiali (che non frequentano più) e, ancor meno, nelle scuole e in altre istituzioni formative.
Sorge, dunque, un nuovo compito e una nuova responsabilità per le confraternite, quella di diventare luoghi di formazione cristiana per i loro membri. Spesso le persone si avvicinano ad una confraternita attratti da qualche evento a cui prendono parte, o per via di relazioni di amicizia che stringono con coloro che sono già membri, ma la fede di chi oggi diventa membro di una confraternita, e di qualsiasi altra associazione di fedeli, non può più essere data per scontata. Al giorno d’oggi, sempre più spesso, proprio le aggregazioni laicali, e fra queste anche le confraternite, diventano il luogo del primo incontro con il Signore, della scoperta della fede e della realtà viva della Chiesa. Per questo motivo, oltre a promuovere le attività di culto e di apostolato tipiche delle confraternite, bisogna pensare anche a come accompagnare le persone in un graduale cammino di iniziazione alla vita cristiana. Non bisogna mai trascurare una finalità pedagogica e formativa. La grande sfida per le confraternite, cioè, è quella di offrire, in modo permanente, percorsi di evangelizzazione e catechesi, di primo annuncio, di formazione alla fede, di accompagnamento nella crescita spirituale.
Sottolineo che quando si parla di “formazione cristiana” non bisogna limitarsi a conferenze di tipo scolastico, ma si intende qualcosa di più completo che include catechesi vive e kerigmatiche, introduzione alla vita sacramentale della Chiesa, celebrazioni liturgiche, introduzione alla vita di preghiera, verifica della vita e della crescita morale alla luce della Parola di Dio, momenti di confronto e dialogo, esperienze di fraternità, esperienze di servizio e di carità, esperienze missionarie etc. Il modello è la “formazione alla fede” che Gesù fece con i suoi discepoli. All’inizio del suo pontificato, incontrando i membri delle confraternite, il Santo Padre ha detto: «Attingete sempre a Cristo, sorgente inesauribile, rafforzate la vostra fede, curando la formazione spirituale, la preghiera personale e comunitaria, la liturgia»[4].
Questo aspetto va opportunamente pensato e programmato, non è automatico. Bisogna individuare persone adatte e competenti, formare equipe, programmare momenti specifici, affinché questa formazione alla vita cristiana sia efficacemente portata avanti nelle confraternite.
4. Le confraternite come casa e scuola di comunione. La comunione è un aspetto centrale della vita della Chiesa: non è un semplice aspetto sociologico, ma frutto dello Spirito Santo che crea vincoli nuovi fra i fedeli. In questo senso, le confraternite, in quanto realtà pienamente ecclesiali, sono chiamate ad essere luoghi dove si vive e si insegna la comunione: “casa” dove si vive, “scuola” dove si insegna la comunione.
Anzitutto sono “casa” di comunione, perché in esse la comunione la si sperimenta in concreto insieme ai fratelli. Come dicevo, la comunione nella Chiesa è di origine soprannaturale, perciò anche nelle confraternite bisogna sempre fare in modo che Dio operi nelle persone e Lui stesso faccia di individui diversi un corpo solo, animato dalla stessa fede e dalla stessa carità. Papa Francesco ha detto a proposito: «I vostri consigli e le vostre assemblee – come vi chiese l’amato Papa Benedetto XVI –, non si riducano mai a incontri puramente amministrativi o particolaristici; siano sempre e prima di tutto luoghi di ascolto di Dio e della Chiesa, di dialogo fraterno, caratterizzato da un clima di preghiera e di carità sincera»[5].
La comunione con i confratelli va continuamente vissuta, alimentata, e va preservata, perché, data la debolezza umana, è sempre possibile “ferire” la comunione. Ci possono essere comportamenti, parole, azioni, che indeboliscono la comunione, e perciò nelle confraternite non deve mai mancare il perdono. Chiedersi sinceramente perdono, riconoscere le proprie mancanze nei confronti dei fratelli, i peccati che hanno indebolito la comunione, questo è un aspetto cruciale per ogni comunità cristiana. Non è accettabile che in una confraternita si conservino rancori, che si parli male degli altri, che si interrompano i rapporti e non ci si parli più, che si alimentino “guerre” interne o esterne. Tutto questo non è cristiano, è apertamente contrario a ciò che Gesù ci ha insegnato, e richiede la conversione sincera per ricostruire l’unità ferita.
Dove “finisce” poi il ruolo della casa, inizia la “missione” specifica della scuola. Nelle confraternite si educano le persone a vivere una comunione più grande che si apre all’intera realtà ecclesiale. Ogni confraternita deve educare i propri membri alla maturità ecclesiale, perché non rimangano fermi all’ambito ristretto del gruppo, della cappella e del luogo di culto, di un rito annuale che si celebra, ma imparino a partecipare alla vita della parrocchia, della diocesi, alle iniziative della regione ecclesiastica locale o della conferenza episcopale nazionale, e infine imparino a conoscere e ad amare il cammino che la Chiesa universale percorre sotto la guida dei Sommi Pontefici.
Dunque comunione all’interno, tra i confratelli, ma anche comunione all’esterno, con i pastori della Chiesa locale e universale. Anche questa comunione con la Chiesa va continuamente curata e alimentata ed è di grande ricchezza, perché le riflessioni e gli stimoli che vengono dal dialogo con i parroci o i vescovi, o dai sinodi locali e universali, o dal magistero dei Papi, aiutano a rivitalizzare la fede personale dei membri delle confraternite e la visione che hanno della missione della Chiesa.
A questo proposito, vorrei fare chiarezza su un possibile equivoco che può insinuarsi in ogni tipo di aggregazione laicale. Sapete bene, che a partire dal Concilio Vaticano II – poi con il Sinodo sulla vocazione e missione dei Laici del 1987, e ancor più negli anni recenti, con l’insegnamento di Papa Francesco e il Sinodo sulla sinodalità – si è creato un giusto impulso nella Chiesa per valorizzare il ruolo dei laici, il loro carisma battesimale e secolare, il loro ruolo di fermento nel mondo, ma anche il contributo che possono e devono dare nell’apostolato, nella catechesi, nella pastorale e anche nel governo delle strutture ecclesiali. Tutto questo è positivo, va incoraggiato e c’è ancora molto da fare in questa direzione.
L’equivoco a cui accennavo, però, è quello di interpretare questa promozione dei laici nel senso di una loro completa indipendenza dalla Chiesa istituzionale e dai pastori o, ancora peggio, nel senso di avanzare “rivendicazioni”, di tipo sindacale, che mettono i laici “contro” la gerarchia ecclesiale e “contro” i ministri ordinati, e non a loro fianco. Questo è sbagliato. La giusta prospettiva è quella di camminare insieme, non ognuno per la sua strada. Si valorizzano i laici quando si educano ad amare sempre più la Chiesa, in ogni sua componente, quando essi si assumono la responsabilità di animare la Chiesa dall’interno, non quando si oppongono ad essa dall’esterno. È giusto che i laici arricchiscano la Chiesa con i loro doni, non che si costituiscano in entità separate.
Questo vale anche per le confraternite. Esse sono cattoliche, al loro interno vi sono laici battezzati che sono figli della Chiesa, chiamati a far crescere la Chiesa, loro madre, con i loro carismi, il loro entusiasmo, le loro attività, sempre in comunione con i vescovi, loro pastori. Da questa armonia provengono grandi frutti. Le contrapposizioni, invece, rimangono sterili e sono molto dannose per la Chiesa. Papa Francesco ha rivolto questo forte appello alle confraternite: «Amate la Chiesa! Lasciatevi guidare da essa! Nelle parrocchie, nelle diocesi, siate un vero polmone di fede e di vita cristiana, un’aria fresca!»[6]. Solo amando la Chiesa e portando uno slancio di fede nelle comunità locali, le confraternite possono realizzare appieno la propria missione.
5. Le confraternite casa e scuola di sinodalità. Il Santo Padre, a conclusione del Sinodo sulla sinodalità, ha detto che lo stile sinodale lo «stiamo apprendendo insieme, un po’ alla volta» e ha aggiunto che «lo Spirito Santo ci chiama e ci sostiene in un questo apprendimento, che dobbiamo comprendere come processo di conversione»[7]. Dunque, si tratta di un processo che, anche all’interno delle confraternite, bisogna apprendere poco alla volta, lasciandosi guidare dallo Spirito.
Papa Francesco ha sintetizzato in una frase gli aspetti essenziali dello stile sinodale, dicendo che consistono in: «ascoltare, convocare, discernere, decidere e valutare»[8].
Sono cinque “passi” facili da comprendere, che si possono applicare alle confraternite.
Anzitutto ascoltare. Bisogna creare spazi opportuni e avere tempi adeguati per dare voce a tutti. Se si tratta di confraternite di grandi dimensioni, ciò comporta la creazione di gruppi più piccoli per raccogliere le esperienze vissute, i suggerimenti, le aspettative di ogni singolo membro. Non si tratta di un dibattito, ma di un momento di preghiera: si ascolta ciò che l’esperienza di fede suscita in ognuno. È ascolto dello Spirito che parla nel cuore dei fratelli e, attraverso di loro, a tutti gli altri. Non basta un incontro occasionale, oppure molto sporadico, una volta all’anno, è opportuno invece prevedere incontri più frequenti, per raccogliere la voce del popolo e portarla non solo ai responsabili della confraternita, ma anche ai pastori.
In secondo luogo convocare. Qui entra in gioco il ruolo dei pastori. Nel Documento finale del Sinodo si dice che «Il Vescovo di Roma, principio e fondamento di unità della Chiesa (cfr. LG 23), è il garante della sinodalità: a lui spetta convocare la Chiesa in Sinodo, presiederlo e confermarne i risultati»[9]. Il processo sinodale non è un fenomeno spontaneo, ma si svolge sempre sotto la guida dei pastori. Dunque, come fa il Papa a livello universale, così, a livello locale, è il vescovo – o il suo rappresentante, il presbitero – che convoca la riunione ecclesiale, nella quale i vari rappresentanti o portavoce, riferiscono ciò che è stato raccolto nella fase di ascolto nei gruppi. In questo modo, la voce del popolo viene condivisa e arriva ai pastori, che hanno il compito di “presiedere e confermare i risultati” delle riunioni sinodali.
Segue poi il discernere. Non si tratta di una valutazione di tipo aziendale, basata su “costi e benefici”: anche se è vero che molti sodalizi e molte realtà associative devono tenere conto – pure da statuti – degli aspetti più materiali della loro esistenza; ciò vale soprattutto per quelle confraternite che si occupano di carità. Ma è bene avere a mente che quegli strumenti di amministrazione, rendiconto, gestione etc., tutti messi insieme sarebbero solo indicativi di un’attività aziendale, se non fossero orientati e motivati da qualcosa di più, se non fossero espressione di un concreto cammino di fede. Voglio, perciò, richiamarvi al discernimento come processo spirituale, tipico della comunità cristiana fin dalle origini. Se mancasse il discernimento non ci sarebbe alcun apostolato in senso stretto. Si tratta di comprendere in che “direzione” Dio ci spinge a camminare nel momento presente. È una prassi molto particolare che va appresa. Non si tratta di formare una maggioranza o di arrivare ad un consenso ragionevole, ma di capire qual è l’impulso dello Spirito qui e ora. Ci si chiede: a quale missione il Signore ci chiama come comunità, come confraternita? A cosa bisogna dare priorità? Cosa bisogna abbandonare e cosa invece abbracciare? Quanto compreso ed accolto in questa fase discenderà fino ai livelli più “pratici” dell’azione apostolica di una confraternita.
Segue poi il decidere. L’ascolto e il discernimento non si prolungano all’infinito, ma devono portare alla decisione. È il momento di assunzione di responsabilità, nel quale ciò che è emerso dal confronto e dal dialogo si traduce in scelte concrete, in iniziative apostoliche, in missione. Anche qui il decidere non cancella i ruoli e le competenze, ma, pur essendo espressione della comunione sinodale, segue le competenze e i ministeri, laicali o ordinati, che ciascuno ha nella Chiesa.
C’è infine il valutare. Ogni decisione presa, ogni nuovo programma apostolico avviato, ogni compito assegnato, dopo un certo tempo viene sottoposto a verifica comune. Dalla Chiesa provengono gli incarichi e le iniziative e alla Chiesa bisogna rendere conto dell’opera svolta. È l’aspetto della “responsabilità” e del giusto “rendere conto” (che in termine tecnico oramai ovunque si definisce “accountability”). Un aspetto che per lungo tempo è stato assente, o molto sottovalutato, in molti ambiti della vita della Chiesa e che invece contribuisce grandemente a rendere ogni cosa trasparente, chiara e condivisa, e a promuovere senso di responsabilità e di serietà in chi ha ricevuto incarichi ecclesiali.
Queste indicazioni, ovviamente, non vanno prese in modo rigido e vanno adattate alla situazione concreta di ogni confraternita. L’idea di fondo comunque rimane valida. Anche le confraternite devono favorire i momenti di ascolto, di discernimento comune, implementare meccanismi di decisione comune, di suddivisione dei compiti, di assunzione di responsabilità e di verifica comunitaria. Tutto questo aiuta a evitare personalismi e verticismi, che si verificano quando solo poche persone detengono il monopolio delle cariche, delle attività e delle finanze. Aiuta a evitare la stagnazione – quando si ripetono stancamente le cose già fatte – perché lo stile sinodale favorisce l’accoglienza delle novità che provengono dalla base, dai giovani, dai nuovi membri. Aiuta a creare maggior coinvolgimento, maggiore comunione, maggiore valorizzazione dei carismi individuali e comunitari.
Non bisogna dimenticare, infine, che lo stile sinodale non è fine a sé stesso, ma in funzione della missione. Nel recente Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale, il Santo Padre ha scritto: «La missione per tutti richiede l’impegno di tutti. Occorre perciò continuare il cammino verso una Chiesa tutta sinodale-missionaria a servizio del Vangelo. La sinodalità è di per sé missionaria e, viceversa, la missione è sempre sinodale»[10].
Anche nelle confraternite l’introduzione di nuove prassi sinodali deve orientare tutti i loro membri ad essere non semplicemente più “democratici”, ma soprattutto più “missionari”. È questo il desiderio del Papa, che collegando all’opera missionaria anche le opere di carità, da sempre centrali nelle attività delle confraternite, ha rivolto questo invito alle confraternite: «Le vostre iniziative siano dei “ponti”, delle vie per portare a Cristo, per camminare con Lui. E in questo spirito siate sempre attenti alla carità. Ogni cristiano e ogni comunità è missionaria nella misura in cui porta e vive il Vangelo e testimonia l’amore di Dio verso tutti, specialmente verso chi si trova in difficoltà»[11].
Sappiamo bene che le confraternite hanno un grande potenziale missionario, per questo la Chiesa ha fiducia in loro e si aspetta molto da loro.
Conclusione
Termino queste riflessioni ringraziando tutti i responsabili e tutti i membri delle confraternite per il lavoro grande che fanno, per la loro testimonianza di fede vissuta, per l’animazione pastorale e missionaria fra il popolo, per il calore umano e spirituale che comunicano nelle loro celebrazioni e nei loro riti. Voi siete custodi di un grande patrimonio di cultura, di fede, di spiritualità e di solidarietà che va conservato, accresciuto e condiviso. La Chiesa è vicina a tutti voi, vi accompagna e vi incoraggia come Madre. Proseguite nel vostro cammino, abbiate umiltà e forza per superare le difficoltà e siate portatori di speranza nel mondo.
Vi ringrazio del vostro ascolto.
______________________________________________________________________________________________________
[1] Papa Francesco, Discorso ai rappresentanti della Confederazione delle confraternite delle diocesi d’Italia, 16 gennaio 2023.
[2] Papa Francesco, Discorso ai rappresentanti della Confederazione delle confraternite delle diocesi d’Italia, 16 gennaio 2023.
[3] Papa Francesco, Omelia della S. Messa in occasione della Giornata delle Confraternite e della pietà popolare, 5 maggio 2013.
[4] Papa Francesco, Omelia della S. Messa in occasione della Giornata delle Confraternite e della pietà popolare, 5 maggio 2013.
[5] Papa Francesco, Discorso ai rappresentanti della Confederazione delle confraternite delle diocesi d’Italia, 16 gennaio 2023.
[6] Papa Francesco, Omelia della S. Messa in occasione della Giornata delle Confraternite e della pietà popolare, 5 maggio 2013.
[7] Papa Francesco, Saluto finale al termine della seconda sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, 26 ottobre 2024.
[8] Ibid.
[9] Documento Finale della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2-27 ottobre 2024) “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”, 26 ottobre 2024, n. 131
[10] Papa Francesco, Messaggio per la XCVIII Giornata Missionaria Mondiale 2024 2024 “Andate e invitate al banchetto tutti”, 20 ottobre 2024.
[11] Papa Francesco, Omelia della S. Messa in occasione della Giornata delle Confraternite e della pietà popolare, 5 maggio 2013.
09 dicembre 2024
Seminare famiglia, raccogliere speranza: un piano d'azione per la pastorale della famiglia in Uruguay
La Commissione Nazionale per la Pastorale ...
Leggi tutto >Va sviluppata una pastorale organica della terza età
«Ai miei fratelli e sorelle ...
Leggi tutto >“Consenso matrimoniale nell’attuale società secolarizzata”
Si è svolto a Pompei, dal 2 al 5 settembre ...
Leggi tutto >Trent’anni dal primo Incontro Mondiale delle Famiglie, un mini-documentario per rivivere la gioia degli Incontri con i Pontefici
L’8 ottobre del 1994 San Giovanni Paolo II ...
Leggi tutto >