Anziani
Va sviluppata una pastorale organica della terza età
Il 25° anniversario della lettera di san Giovanni Paolo II agli anziani
«Ai miei fratelli e sorelle anziani!»: così san Giovanni Paolo II si rivolgeva ai destinatari della sua Lettera agli anziani, il 1° ottobre 1999. Il Papa aveva già 79 anni e scrisse ai suoi coetanei al termine di un anno, che le Nazioni Unite avevano dichiarato «Anno internazionale dell’Anziano».
Non era la prima volta che la Chiesa si occupava degli anziani e della pastorale a loro dedicata. La Santa Sede aveva pubblicato un documento su La dignità dell’anziano e la sua missione nella Chiesa e nel mondo, a cura del Pontificio Consiglio per i Laici, esattamente un anno prima, il 1° ottobre 1998. Già nel 1982, poi, durante il viaggio di Papa Giovanni Paolo II in Spagna, lo stesso Pontefice aveva affermato: «È necessario che nella Chiesa si sviluppi una pastorale per la terza età, in cui si insista sul ruolo creativo degli anziani, [...] Così si svolgerà un’opera ecclesiale e si presterà un grande servizio alla società» (Incontro con gli anziani al santuario della Virgen de los Desamparados, 8 novembre 1982). Tuttavia, sia il documento del 1998 sia la lettera del 1999 rappresentano l’avvio di un discorso articolato e sistematico sul tema degli anziani.
La Lettera di Giovanni Paolo II, in particolare, offrì una riflessione profonda e toccante sulla vecchiaia, con argomentazioni sorprendentemente lungimiranti che gettarono le basi per un chiaro pensiero della Chiesa su questo tema negli anni a venire. La scelta di affrontare la questione della vecchiaia nel contesto della cura pastorale dei laici rivela la consapevolezza, già emergente all’epoca, di un apostolato per i laici e con i laici trasversale alle età della vita che valorizzi anche gli anziani. Questa interconnessione riflette una realtà demografica e sociale in continua evoluzione e anticipa, in un certo senso, le sfide e le opportunità che la Chiesa deve affrontare oggi. È ormai evidente, infatti, che il Popolo di Dio, in gran parte del mondo, è caratterizzato da una presenza sempre più significativa di fedeli in età avanzata. La crescente longevità delle persone non solo modifica la composizione demografica delle comunità ecclesiali, ma influenza anche le dinamiche pastorali, spirituali e sociali all’interno della Chiesa.
Almeno tre sono i fili conduttori che attraversano la Lettera del Pontefice, creando un arazzo ricco di significato e speranza.
Anzitutto, Giovanni Paolo II si rivolge ai suoi coetanei sapendo di parlare a persone che avevano compiuto il suo stesso percorso di vita, attraversando il ventesimo secolo lacerato da guerre e distruzioni, ma anche percorso da prosperità e speranza nel futuro. Il Papa descrive gli anziani come custodi di un tesoro inestimabile: la memoria del passato e le attese per il nuovo millennio. Li descrive come «interpreti privilegiati di quell’insieme di ideali e di valori comuni che reggono e guidano la convivenza sociale», riconoscendo in loro non solo un legame con il passato, ma una chiave per comprendere il presente e orientare il futuro.
In relazione alla missione della Chiesa, il Pontefice intravede negli anziani un compito specifico. La Chiesa, infatti, può ricevere un contributo «dalla serena presenza di chi è avanti negli anni», soprattutto nell’ambito dell’evangelizzazione e del dialogo intergenerazionale, poiché l’efficacia della testimonianza cristiana «non dipende principalmente dall’efficienza operativa» ma piuttosto dalla profondità dell’esperienza vissuta e dalla saggezza accumulata negli anni. Anche per questo dobbiamo imparare a rispettare e a riconoscere il valore di ogni persona anziana. «Onorare gli anziani — così sintetizzava il santo Papa — comporta un triplice dovere verso di loro: l’accoglienza, l’assistenza, la valorizzazione delle loro qualità».
La vita, sottolineava inoltre Giovanni Paolo II, è un viaggio verso l’eternità, nel quale ogni tappa ha il suo valore anche in rapporto con le altre stagioni dell’esistenza. Scriveva infatti: «Urge ricuperare la giusta prospettiva da cui considerare la vita nel suo insieme. E la prospettiva giusta è l’eternità, della quale la vita è preparazione significativa in ogni sua fase». Da lodare e incoraggiare sono «tutte quelle iniziative sociali che permettono agli anziani sia di continuare a coltivarsi fisicamente, intellettualmente e nella vita di relazione, sia di rendersi utili, mettendo a disposizione degli altri il proprio tempo, le proprie capacità e la propria esperienza. In questo modo, si conserva ed accresce il gusto della vita, fondamentale dono di Dio. D’altra parte, con tale gusto della vita non contrasta quel desiderio dell’eternità, che matura in quanti fanno un’esperienza spirituale profonda».
A 25 anni dalla lettera di san Giovanni Paolo II, appare dunque lecito porsi alcune domande in vista di una efficace evangelizzazione: siamo in cammino verso lo sviluppo di una pastorale ordinaria che si prenda cura e valorizzi la missione dei nonni e degli anziani? Siamo consapevoli dei cambiamenti culturali in cui siamo immersi, che oggigiorno rendono difficile e complesso vivere l’età anziana? Stiamo sviluppando uno stile di spiritualità cristiana adeguata ad accompagnare le fragilità e la solitudine di chi si sente ai margini della società? Siamo consapevoli che molti anziani oggi non hanno fatto un’esperienza di fede e hanno bisogno di ricevere il primo annuncio? Non sono domande alle quali rispondere in modo immediato e sbrigativo, ma è evidente che segneranno a medio e lungo termine il futuro della Chiesa.
In occasione di questo 25° anniversario, l’invito che viene rivolto ad ogni persona di buona volontà è, dunque, di rileggere e meditare questo testo del 1999, rispetto al quale le riflessioni compiute in epoca successiva da Papa Benedetto XVI e da Papa Francesco si pongono in continuità e sintonia. Ciò che emerge in maniera chiara sono la necessità di riconoscere agli anziani, in quanto fedeli battezzati, un ruolo e un compito nella Chiesa, ma anche il bisogno di sviluppare una pastorale organica a loro dedicata.
Anche in questo ambito della missione, siamo perciò chiamati ad un discernimento ecclesiale, sia a livello di Conferenze episcopali che di diocesi, per riuscire a rispondere meglio ai bisogni spirituali di chi vorrebbe avvicinarsi all’incontro col Padre sentendosi accompagnato, parte di una Chiesa in cui si è sentito vivo e partecipe fino alla fine. In tal senso, la Lettera di Giovanni Paolo II può essere la base per proseguire nelle riflessioni del Magistero e renderle un cammino concreto per ogni comunità ecclesiale.
di Card. Kevin Farrell
Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita
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